30 Aprile, 2024

Il terrorismo è l’arma del più debole?

Il terrorismo è la tattica del debole contro il forte. Questa è probabilmente la definizione più basilare del fenomeno terroristico, ma anche quella su cui esiste una maggiore convergenza tra gli studiosi. Tuttavia la questione è più complessa come mette in luce un articolo recente di Page Fortna, professoressa di politica estera e di sicurezza degli Stati Uniti presso il Dipartimento di Scienze Politiche della Columbia University: Is Terrorism Really a Weapon of the Weak? Debunking the Conventional Wisdom.

Utilizzando dati sugli attacchi deliberatamente indiscriminati contro i civili da parte di gruppi ribelli nei conflitti irregolari, nonché molteplici elementi di forza dei ribelli, l’autrice esamina sistematicamente se i gruppi più deboli hanno maggiori probabilità di impiegare il terrorismo. Il risultato finale è che si ritrova uno scarso supporto empirico per confermare la diffusa opinione riguardo al terrorismo come arma dei deboli. Infatti, non ci sarebbero prove chiare o coerenti che il terrorismo deliberatamente indiscriminato sia un’arma dei deboli piuttosto che dei forti.

Sicuramente ci sono dati interessanti da cui prendere spunto in questo saggio, ma serve sempre ricordare che il terrorismo è una tattica e come tale può essere impiegata in diversi contesti strategici e politici e sono questi ultimi che alla fine danno il senso al terrorismo in sé. Storicamente il terrorismo è stato impiegato da attori statuali e non, in modo indiscriminato o più selettivo, come arma di pressione politica o come elemento di una strategia più articolata. Questi sono elementi centrali per capire il fenomeno. Il debole non può che impiegare qualche forma di terrorismo (e variarne l’intensità sia in termini di numero di morti sia di numero di attacchi nel corso del tempo) se vuole prolungare la lotta, ma il forte ha più opzioni sul tavolo e può decidere se impiegare il terrorismo e quando.

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